La morte della piccola Antonella, bambina di dieci anni di Palermo, avvenuta una settimana fa dopo aver partecipato ad uno dei challenge (sfide) che sono ormai il tratto distintivo di TikTok, APP tanto in voga tra i giovanissimi, apre una serie di inquietanti interrogativi sul sottobosco dei social network.Questo tragico evento sta focalizzando l’attenzione e lo sconcerto su questo mondo che, i più identificano con Facebook e Instagram ma che, in realtà si configura come una galassia di alternative, per lo più sconosciuta agli adulti ma che, inevitabilmente, i più giovani, soprattutto minori, conoscono e si avventurano senza guida né controllo.
Si sta mettendo in luce, in sostanza, l’esistenza di una vera e propria realtà alternativa (quella virtuale) che presenta analoghi rischi della realtà fisica. Rischi che spesso sottovalutiamo, poiché il web ci può apparire come virtuale, non reale e spesso appare illusoriamente privo di pericoli. Di fatto il web ed in particolare i social network sono fatti da scambi non fisici ma assolutamente reali. Tale realtà manca di concretezza materiale, ma reca in sé l’aspetto relazionale con tutte le dinamiche e le sue complessità.
Appare del tutto evidente che lasciare bambini e preadolescenti soli in balia dei social network è un po’ come lasciarli soli in strada. Forse la strada, oggi, è rappresentata da i social. E’sempre più raro, infatti, vedere bambini e pre-adolescenti giocare per strada con i lori pari… dove sono, quindi, se non su i social??

Il tragico evento di Palermo ci interroga su almeno tre aspetti. Il primo, che salta agli occhi, è quello che potremmo definire la possibilità di “controllo e sorveglianza”. Infatti, quella dei social, come precedentemente accennato è una vera e propria galassia con una varietà amplissima, difficilissima da monitorare. Ma anche all’interno di uno stesso social media siamo di fronte a una rete di relazioni e interazioni estremamente estesa. Per esempio, lo stesso TikTok conta, al 2020 oltre 800 milioni di utenti e 2 miliardi di downloads. Una vera giungla, sia per chi deve monitorare che per gli utenti.
Questo ci porta al secondo aspetto, che potremmo definire la verifica dei “requisiti di accesso” al mondo dei social network. Vista la grande popolarità di alcuni di questi tra i minori, anche molto giovani, bisognerebbe interrogarsi attivamente sull’opportunità di far rispettare i limiti di età troppe volte elusi.
Il terzo aspetto è quello del ruolo della famiglia nella responsabilità di controllo e sorveglianza. I genitori, o la famiglia in generale hanno la possibilità di un controllo diretto sul singolo, ma spesso ciò non avviene nella maniera dovuta, questo sia per la sottovalutazione della pericolosità sia per la non conoscenza dell’argomento.
Questi aspetti dovrebbero interrogare e suscitare una risposta da parte di istituzioni, famiglie e comunità ma anche, anzi soprattutto, nelle dirigenze delle società proprietarie dei social network.
È del tutto evidente, infatti, che i social network traggono profitto dalla crescita degli utenti, soprattutto di quelli molto giovani, che diventeranno oggetto di pubblicità e possibili acquirenti digitali con una lunga prospettiva temporale. Per questi motivi essi appaiono avere una certa responsabilità rispetto a tale fenomeno. Anche loro, quindi devono essere parte della riflessione sui meccanismi di salvaguardia del minore.